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Vertigini a letto

Vertigini a letto: qual è la causa e quale la cura?

Quelle che comunemente vengono definite: “vertigini a letto” o “vertigini da sdraiati” rappresentano, in verità, un disturbo medicalmente noto come vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB). È determinato da un alterato funzionamento del sistema vestibolare, localizzato nell’orecchio interno. Può interessare persone di ogni genere e età, ma si riscontra con maggior frequenza nelle donne, nella fascia d’età che va dai 50 ai 70 anni.

Cos’è la VPPB?

I capogiri a letto sono stati descritti per la prima volta nel 1921, da Barney, come:

  • Vertigine, per la percezione illusoria di movimento, di sbandamento;
  • Parossistica, per la brusca e repentina insorgenza dei sintomi;
  • Posizionale, perché derivante dal movimento della testa e dalla sua posizione, solitamente estesa e ruotata da un lato;
  • Benigna, ovvero non grave, non pericolosa per la vita del paziente.

I sintomi

La VPPB si manifesta attraverso attacchi vertiginosi brevi (da qualche secondo a qualche minuto), intensi e ricorrenti. Al capogiro spesso si accompagnano anche:

  • sensazione di testa leggera;
  • incertezza nei movimenti;
  • perdita dell’equilibrio;
  • visione offuscata.

E, più raramente, anche:

  • nausea e/o vomito;
  • nistagmo, ovvero il movimento involontario, rapido e ripetitivo degli occhi.

Perché le vertigini si manifestano a letto?

La VPPB è una conseguenza dell’anomalo distacco e del successivo spostamento degli otoliti dalla loro sede naturale – l’endolinfa, sostanza gelatinosa contenuta nel labirinto membranoso dell’orecchio interno – ai canali semicircolari (solitamente, quello posteriore).

Gli otoliti sono cristalli di carbonato di calcio che fungono da indicatori di equilibrio, movimento e direzione, sensibili soprattutto al cambiamento nel movimento orizzontale (utricolo) o all’accelerazione verticale (sacculo).

Finché si resta in posizione eretta non si avverte nulla, ma quando:

  • ci si sdraia;
  • si ruota la testa sul cuscino;
  • si inclina la testa verso il basso, di lato o all’indietro;
  • ci si siede partendo da una posizione sdraiata;
  • ci si piega,

gli otoliti si muovono e vanno erroneamente a stimolare i recettori presenti nei canali semicircolari quali, invece, presiedono l’equilibrio negli spostamenti angolari. È così che viene provocata l’illusione della rotazione, da cui conseguono le cosiddette vertigini notturne.

Le cause

Il distacco degli otoliti può essere provocato da:

  • traumi alla testa o all’orecchio;
  • infezioni auricolari;
  • sindrome di Ménière o altre patologie dell’orecchio;
  • pregressi interventi chirurgici a livello dell’orecchio;
  • occlusione dell’arteria vestibolare anteriore;
  • prolungato allettamento;
  • prolungata anestesia generale.

Vertigini a letto: cosa fare?

Per gestire, nell’immediato, i capogiri da sdraiati – che si verifichino di giorno o durante la notte – si consiglia di:

  • mantenere ferma la testa;
  • fissare un punto; 
  • respirare col diaframma;
  • evitare di alzarsi dal letto troppo in fretta;
  • riprendere con cautela le attività quotidiane, prestando attenzione a non ruotare il capo nel verso ritenuto scatenante.

Se il problema dovesse persistere, si raccomanda una visita otorinolaringoiatrica, quale definirà una diagnosi e stabilirà la necessità o meno di un percorso di terapia.

Come si curano le vertigini a letto?

Il trattamento dei giramenti di testa a letto non è farmacologico né chirurgico, prevede bensì il riposizionamento in sede degli otoliti attraverso alcune specifiche manovre, quali:

  • Manovra di Semont (eseguibile unicamente da medici);
  • Manovra di Epley (diffusa in ambito fisioterapico).

La manovra di Epley

Per eseguire la manovra di Eply, il fisioterapista esegue questi passaggi:

  1. invita il paziente a sedersi, dopodiché gli ruota la testa verso il lato che evoca le vertigini;
  2. con un movimento rapido e continuo, porta il paziente in posizione supina, con il capo in iperestensione e ruotato sul lato patologico;
  3. lascia che la posizione venga mantenuta per 2 minuti (è probabile che il paziente ora avverta la comparsa dei sintomi);
  4. ruota la testa del paziente verso il lato opposto, ponendola sempre in iperestensione;
  5. ruota il paziente su un fianco, quello in cui è girata la testa, e lascia ch’egli mantenga questa posizione per 2 minuti;
  6. accompagna il paziente a sedersi mentre la testa è ruotata nel lato opposto a quello affetto da VPPB, posizione che sarà mantenuta per altri 2 minuti.

Si tratta di una tecnica efficace nell’85-95% dei casi già nella prima seduta. Ma se necessario, può essere ripetuta fino a scomparsa dei sintomi.