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La lesione di Hill Sachs conseguente alla lussazione della spalla

Lesione di Hill Sachs: tutto quello che c’è da sapere

La lesione di Hill Sachs è una frattura da compressione a carico della testa dell’omero. È una delle conseguenze più comuni di una lussazione della spalla. Deve il suo nome ad Harold Arthur Hill e Maurice David Sachs, i due radiologici di San Francisco (USA) che ebbero il merito di descriverne il meccanismo per la prima volta in una pubblicazione scientifica del 1940.

Lesione di Hill Sachs: il meccanismo

Durante una lussazione anteriore di spalla, accade che:

  • la testa dell’omero scivola fuori dalla cavità glenoidea della scapola che normalmente l’accoglie, spostandosi in avanti;
  • nel fuoriuscire, la testa dell’omero – relativamente morbida – e il bordo anteriore della cavità glenoidea – duro – impattano;
  • l’urto tra le due superfici articolari comporta una compressione con frattura della porzione postero-laterale della testa dell’omero.

Lesione di Hill Sachs: i sintomi

Questa specifica lesione, nota anche come frattura di Hill-Sachs, si caratterizza per:

  • il forte dolore alla spalla
  • la grave limitazione della mobilità articolare;
  • il senso di intorpidimento lungo tutto l’arto coinvolto;
  • la presenza di crepitii articolari, prima inesistenti;
  • il gonfiore locale;
  • l’alterazione dell’anatomia della spalla, visibile a occhio nudo;

Lesione di Hill Sachs: le cause

Dal momento che questa lesione si profila per effetto di una lussazione traumatica della spalla, all’origine vi può essere una caduta o un’anomala rotazione del braccio. Questo genere di infortunio si verifica con maggiore frequenza in pazienti giovani che praticano attività sportive di contatto.

Studi epidemiologici suggeriscono che la Lesione di Hill Sachs si configuri tra il 40 e il 90% dei casi in cui vi è già un’instabilità anteriore di spalla. E, ancora, nel 100% dei casi in cui, invece, l’instabilità è ricorrente. Per instabilità si intende la tendenza della spalla a muoversi oltre i normali gradi di movimento e quindi a non rimanere nella sua posizione naturale.

Lesione di Hill Sachs: le possibili conseguenze

La lussazione anteriore di spalla potrebbe danneggiare più componenti dell’articolazione gleno-omerale.

Alla lesione di Hill Sachs non di rado si associano:

  • la lesione SLAP, il distacco e la lacerazione della porzione superiore del cercine glenoideo, una componente dell’articolazione gleno-omerale della spalla
  • la lesione di Bankart, il distacco e la lacerazione della porzione anteriore o antero-inferiore del cercine glenoideo;
  • erosioni del margine anteriore della cavità glenoidea (in particolar modo in caso di recidive);
  • stiramenti o lacerazioni dei legamenti gleno-omerali;
  • stiramenti della capsula articolare;
  • lesioni tendinee della cuffia dei rotatori o del capo lungo del bicipite brachiale;
  • danni alle strutture nervose e/o vascolari passanti nell’area dell’ascella.

Una delle più frequenti conseguenze di una lussazione anteriore combinata a una frattura di Hill-Sachs è proprio l’instabilità della spalla, e quindi la predisposizione a ripetute lussazioni, in una sorta di circolo vizioso.

Lesione di Hill Sachs: la diagnosi

Un ortopedico specializzato in patologie della spalla è in grado di delineare il quadro diagnostico già dall’anamnesi (la storia clinica del paziente) e dall’esame obiettivo. Tuttavia, per una diagnosi precisa si rende necessaria la diagnostica per immagini; come la radiografia classica (raggi X), l’ecografia, la risonanza magnetica e la TAC.

Lesione di Hill Sachs: la cura

L’approccio terapeutico da adottare in caso di Lesione di Hill Sachs dipende da tre fattori:

  • la dimensione della lesione;
  • la sintomatologia;
  • il grado di instabilità della spalla.

Sulla base della valutazione di questi parametri si sceglie se procedere con il metodo conservativo o riparativo.

Il trattamento conservativo

Se l’entità della lesione risulta contenuta, i sintomi sono sotto controllo e l’instabilità articolare è tale da non causare recidive, allora si sceglie la via conservativa. Inizialmente si ricorre a un periodo di immobilizzazione dell’articolazione, che può durare dalle 2 alle 6 settimane successive all’infortunio. Ciò consente di alleviare il dolore e favorire i processi di cicatrizzazione tissutale.

La fase successiva consiste nella fisioterapia riabilitativa. Gli scopi sono: rinforzare i muscoli atti a mantenere la testa dell’omero all’interno della cavità glenoidea; migliorare forza e resistenza dell’articolazione e educare il paziente sui movimenti da fare o evitare allo scopo di proteggere la spalla da future lussazioni. 

Il trattamento riparativo

Nei casi di lesioni medio-gravi e forti instabilità articolari la scelta ricade sulla strada riparativa, ovvero sull’intervento chirurgico. Possono essere prese in considerazione due diverse tecniche:

  • l’artroscopia, impiegata nei casi di fratture mediamente estese – minimizza le dimensioni della ferita chirurgica e accorcia significativamente i tempi di riabilitazione post-operatoria;
  • chirurgia classica “a cielo aperto”, indispensabile nei casi di fratture maggiormente critiche.